Walter Bonatti – estratto da “In terre lontane”

(…)E la tigre? Che ne è della “mia” tigre? Solo adesso mi do conto di aver dimenticato completamente la tanto inseguita fiera striata. Potrebbe anche essere qui sotto, poco lontana. Si sarà forse rintanata con l’avvicinarsi del suo periodo amoroso, o più semplicemente avrà deciso di finire il gioco a rimpiattino con me, l’intruso?

Per avvicinarla ho fatto cose incredibili, persino biasimevoli qualche volta. L’ho inseguita nella giungla, aspettata al varco nelle radure, spiata dall’alto degli alberi, e tutto questo per quaranta giorni consecutivi. Ma è stato inutile. Si è rivelata di un’astuzia davvero insospettabile. Però non ha mai tentato di assalirmi nonostante la sua fama di animale subdolo, aggressivo e di fredda ferocia. Devo dire che si è limitata soltanto a “sopportarmi”, quasi sdegnando un contatto diretto. Insomma è stata proprio come una gran dama. In fondo, l’insidia che io mi ero aspettato da lei, è stata invece proprio lei a riceverla da me, in forma di assillante assedio. Un essere cosiffatto non può che suscitare grande simpatia e massimo rispetto.

Parlando di un animale e dei suoi atteggiamenti si tende sempre, purtroppo, ad affibbiargli la limitazione dell’istinto, inteso come tendenza di ordine fisico-biologico e non di attitudine psicologica, dunque come fatto soltanto meccanico cui obbedire rimanendone quasi estraneo. Ma a dire il vero a me è sembrato invece che la tigre, sfuggendo al mio accerchiamento nel modo raccontato, abbia dimostrato di possedere un’autentica capacità di analisi. L’intelligenza e la sensibilità dunque non sarebbero soltanto prerogativa dell’uomo. Riferendomi ancora alla mia esperienza particolare, e fors’anche per quella mia recuperata parte di animalità, credo di essere giunto più di una volta a identificarmi nella tigre; deduco quindi che sia piuttosto limitato quell’abisso che starebbe a dividere l’uomo dall’animale. Tanto più che quest’ultimo dimostra spesso di intuire con immediatezza anche ciò che l’essere umano non arriva ad intendere, o almeno è assai lento a decifrare. Un animale superiore com’è la tigre sa, ma forse non sa di sapere; però capta assai bene il senso delle cose, questo io l’ho riscontrato. Potrebbe dunque possedere consapevolezza ed autocoscienza? Ho visto gente inorridire a quest’idea, gente che umanizza il proprio gatto snaturandolo, ma nel contempo ritiene che il sapere di un animale superiore stia scritto soltanto nell’istinto e nel vento, che tutto a lui racconta. A gran fatica costoro accettano che per un animale il mezzo di ricevere e inviare messaggi possa essere in certa misura di ordine extrasensoriale, dunque condotto su canali e con rapidità differenti rispetto ai nostri; ma dir loro che questi animali, pur governati da esigenze e comportamenti diversi dai nostri, possano provare anche qualche sentimento primario fondato sull’emozione, ebbene è un anatema. Eppure, sebbene non condivida il criterio di umanizzare un animale snaturandolo, a me è proprio sembrato che di emozioni nella “mia” tigre ne siano emerse più di una. Dopotutto, a darmene l’impressione, non potrebbe essere stata la medesima emotività da me adottata?

(…)L’affascinante avventura di spingermi nel mondo della sensibilità animale sta così per concludere un altro suo capitolo. Nell’esperienza appena fatta ho inoltre conosciuto ancor meglio l’incanto e la dignità della natura, la meraviglia della libertà. Condizioni, queste, già possedute dall’uomo, e poi perdute, che riportano all’origine delle cose e ricollegano agli antichi comuni valori. A ripropormi la lezione e impartirmene l’insegnamento è stato, questa volta, proprio il simbolo stesso della libertà selvaggia: la tigre.

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